«Un tempo le vedove e gli orfani venivano considearati le persone più deboli e di conseguenza anche le più protette dal comune sentire. Ora invece sono abbandonate a se stesse» spiega Amelia Cucci Tafuro, presidente de Il Melograno, l’associazione per i diritti delle persone vedove.

Ad esempio, la pensione di reversibilità o indiretta, se c’è, è ridotta al 60%, ma se il coniuge superstite lavora e possiede un reddito anche di soli a 25mila euro lordi, se la vedrà ulteriormente decurtata del 50%. 

Ma qualcosa si può fare, con basso impatto per lo Stato per renderebbero la vita di queste persone meno sofferente. Si potrebbe, ad esempio, scorporare la pensione di reversibilità dal reddito complessivo, così da evitare che il cumulo faccia scattare lo scaglione Irpef e di conseguenza le tasse.

«Si potrebbe evitare che la quota di pensione di reversibilità a favore dei figli entri nel calcolo dei redditi così da poter essere considerati a carico del coniuge superstite. In alternativa si potrebbe elevare il limite (€ 2840,51) fissato diversi decenni addietro per considerare un figlo a carico o non a carico. Una soglia mai più adeguata alle rilevazioni ISTAT.

«Una terza proposta riguarda il cumulo dei contributi versati e non goduti dal coniuge venuto a mancare. Attualmente se un lavoratore non raggiunge il minimo previsto per il conseguimento della pensione i contributi versati non sono utilizzabili dal coniuge superstite, vanno dunque perduti. Sarebbe equo invece che quei contributi possano essere aggiunti ai contributi del superstite consentendogli di raggiungere una pensione leggermente superiore.

«Piccole cose, fattibili da subito, con un impatto sul bilancio pubblico facilmente governabile, e soprattutto con una spesa pubblica che finalmente andrebbe utilizzata per situazioni di bisogno oggettive, chiarissime».

Giornata delle persone vedove: una fascia di povertà che la società sembra aver dimenticato
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